Nero luminoso

Il miglior set che si possa avere in studio è delimitato da un muro che volta per volta si dipinge mantenendo così la sua elegante precisione. Nella maggior parte dei casi, personalmente, uso il fondo nero spesso inquadrando il muro nella sua parte angolare. Questa collocazione è sicuramente rassicurante per il soggetto del ritratto. Essere costretti tra due pareti è paradossalmente una situazione confortante. La verniciatura deve essere tenue e acquosa, l’orientamento delle rullate univoco, verticale. L’angolo viene passato prima con pennello morbido, subito seguito dal rullino che amalgama. Le imperfezioni del muro sono preziose e da ricercare, mentre lo stucco non è mai indicato, salvo che in presenza di lesioni. E’ meglio usare tempere all’acqua diluendole abbondantemente, diciamo il doppio di quanto prescritto. Diluire solo la vernice che si considera di usare, altrimenti il materiale cui è stata aggiunta acqua si deperisce in breve tempo.

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Nelle ore precedenti alla sessione di ritratto in studio, è necessario immaginarsi la scena, l’atmosfera e di conseguenza le luci. Io uso studiare la luce con dei vecchi manichini che da sempre fanno parte dello studio e a cui voglio un gran bene, anche per la pazienza che mi dimostrano tutte le volte; sono conciati da morire ma, bisogna capirli, hanno lavorato tantissimo e sono nati nel 1928.

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manichino bianco

Devo la loro presenza agli amici Stefano Bianchi e Prospero Rasulo che ai tempi, a Milano nell’inverno del 1985, dovettero abbandonare il loro grande capannone dove applicavano la loro arte per creare meravigliose scenografie. In quei giorni, dal 13 al 17 Gennaio, si scatenò su Milano una nevicata epocale che ebbe vari effetti collaterali positivi e negativi. Tra quelli positivi considero il fatto che i milanesi riscoprirono la loro immensa solidarietà elettiva, adoperandosi per risolvere i problemi enormi che le condizioni ambientali creavano specialmente ai più disagiati. Tra questi bravi samaritani c’ero anch’io che, con il mio furgone, mi divertivo a superare ogni difficoltà ed ero uno dei pochi che riusciva a circolare. Fu così che mi occupai del trasloco delle migliaia di cose che il capannone di Prospero e Stefano conteneva. Alla fine mi chiesero che cosa volevo in cambio del mio super lavoro ed io senza esitazione indicai i manichini.

Uno dei manichini è vestito di bianco per un paio di motivi: il primo è che è davvero consigliabile vedere come la luce agisce sul bianco in relazione alle altre gradazioni, il secondo è che il vestito è di gesso come le fasciature che ti fanno in ospedale e non viene più via. tommi di gesso007L’aveva creato Carmen Carlotta, mia grande amica e artista magnifica, che lo aveva confezionato per una foto che denunciava il troppo tempo passato dai bambini davanti alle tv e la scomparsa del gioco di movimento. Parliamo di più di venticinque fa. Il bimbo che indossava quel vestito di gesso era il mio Tommi che avrà avuto dieci anni.

tommi di gesso disegno008

Ma torniamo alla tecnica. Il sistema zonale ci ha insegnato a calibrare le luci e l’esposizione per riprodurre nel modo più esteso la gamma tonale. Chiari e scuri devono essere leggibili. In mezzo, uno sconfinato universo di sfumature di grigi o di colori. La scelta della pellicola era fondamentale per aumentare i contrasti o leggere in modo esteso i grigi. All’editing era affidato ben poco per ritagliarsi uno spazio: potevi fare una maschera di contrasto oppure stampare in camera oscura, modulando la luce tra le dita.

Oggi è importante completare queste nozioni con l’editing trattando i colori a uno a uno restituendo loro le condizioni migliori di esposizione e di temperatura colore. Mixare il tutto e il piatto è pronto. Dicevamo di preparare prima le soluzioni. Questo va fatto per un motivo molto importante: non togliere la concentrazione nel momento del ritratto. Per oggi mi fermo qui, ma vi rimando a un prossimo articolo che partirà proprio da qui, dall’intensità emotiva che richiede il ritratto.

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