Il ritratto, si sa, è una cosa intima.
Se non si cerca soltanto la semplice icona del soggetto inevitabilmente si dovrà fare i conti con la complessa profondità della materia. Il ritratto ci parla delle persone, della storia, della società, del modo di porsi. Ci parla di continuità e cambiamento. Il ritratto è umiltà e protagonismo. Il fotografo tace e cerca di conoscere e di capire l’altro, l’altro si apre o si chiude, si nasconde o si svela. A volte è il soggetto stesso che si interroga e si affida all’occhio del fotografo nella speranza, a sua volta, di trovare se stesso.
Chi siamo e come siamo, chi siamo davvero e cosa invece vogliamo apparire.
Il dubbio la fa da padrone: vestirsi bene, vestirsi male, non vestirsi per nulla. Tutto è possibile.In questa ricerca ho voluto costringermi entro uno spazio semplice e delimitato volutamente ordinato: un fondo nero unificante dipinto a mano con piccole significative imperfezioni, uno spazio identico per ciascuno dei miei soggetti.
Tutto è cominciato quando una ragazza sudamericana che ancora non aveva compiuto i diciotto anni mi ha chiesto di fare un ritratto alla sua maternità. L’ho vista arrivare timida ma decisa nel mio studio, bella in quel suo vestito, proprio quello che aveva scelto per quella immagine. Prima di entrare stacca dal giardino una camelia bianca, simbolo della sua purezza, ho pensato io.Aveva così tanto dentro che ho pensato di non aggiungere nulla, perchè aggiungere sarebbe stato sottrarre alla profondità del soggetto e alla lirica del momento.
Ho voluto applicare la stessa disciplina alle altre immagini che ho realizzato per questa ricerca. Ho rispettato e apprezzato le scelte delle persone come parte fondante del progetto: come vestirsi, che atteggiamento avere, almeno inizialmente l’ho lasciato decidere a loro stessi.E poi c’entra anche il momento che tutti stiamo vivendo. Un paese che a molti di noi sembra sempre più indigeribile, insomma un posto dal quale i nostri figli non vedono l’ora di fuggire, può essere raccontato mettendo in risalto il suo opposto: l’intelligenza, la bellezza, la solidarietà, l’allegria, l’arte, la semplicità, il rispetto, la gioia, l’esperienza, la cultura, l’umanità ecco questi sono stati i miei soggetti e ora so che posso condividere questo momento di ottimismo. Io l’ho chiamato OLTRE. Poi l’ho chiamato ALTRO, e poi ho finito per non ricordarmi più se l’avevo chiamato nell’uno o nell’altro modo, perchè Oltre è Altro.
P.s. Oggi voglio ricordare il grande amico e maestro di vita Mario Dondero che volle questa esposizione alle Cisterne Romane di Fermo nel 2014 in occasione della presentazione del suo Archivio donato alla città.
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