Mi alzo presto oggi. E’ un giorno importante in Italia: si vota dopo molti anni e in mezzo a problemi mai, come questa volta, drammatici. Al seggio del mio paese è ancora buio quando arrivo. Scambio qualche parola con i giovani scrutatori che aspettano di entrare. Mi viene in mente quando, da studenti, era uno dei lavoretti possibili, qualche soldo e molto onore. Ci sembrava di essere utili ingranaggi nel grande gioco della democrazia.
Alcuni di noi, iscritti al PCI, davano tutto il compenso al Partito.
Già il partito, appunto. Assomigliava a un padre severo ma giusto, indispensabile. Come il padre ti faceva incazzare. Lo contestavi, magari, lo volevi svecchiare, lo speravi più simile a te, ma il rispetto e la certezza che ti trasmetteva erano innegabili: stavolta si cambia!
1975, Firenze. Io studiavo lì, e sognavo di fare il fotografo, lavoravo in fabbrica per pagarmi l’università. I miei amici de L’Unità mi avevano fatto avere un permesso per fare le foto al festival. Avevo fotografato Enrico Berlinguer. Le prossime elezioni avrebbero potuto essere l’occasione per il sorpasso, per cambiare l’Italia con il voto, con la democrazia, ma cambiarla e costruire un paese diverso, nuovo. “Perché questa volta non si tratta di cambiare un presidente, ma sarà il popolo a costruire un paese differente”, così diceva la canzone Venceremos degli Inti Illimani, esuli cileni nel nostro paese, che era cantata e urlata nelle nostre manifestazioni. Il voto, il cambiamento, la speranza di cambiare, non riuscire a dormire la notte prima. E poi, l’attesa, la ricerca di segnali che ti aiutino a capire. ‘Come sta andando? Qual è il sentimento del paese?’
Tutto questo mi viene da pensare parlando con questi ragazzi del 2018, davanti al seggio del mio paese.
Sono le sette, il mio racconto in 24 ore può iniziare.
Voto di corsa, saluto i ragazzi e auguro loro buon lavoro. Corro alla stazione, vado a Roma: ho scelto la capitale per il mio racconto. Treni veloci, anzi velocissimi, mi permetteranno di essere nella capitale alle 12. Forse: perché il gelo degli ultimi giorni ha causato ritardi di ore, gente esasperata, abbandonata nelle campagne per un sacco di tempo, aspettando di ripartire. Se ci pensiamo, è il simbolo perfetto della situazione.
La contraddizione è generale, in ogni campo. Abbiamo strumenti di informazione così diffusi e accessibili come mai prima, diretti, immediati. Possiamo essere in contatto con tutti e le notizie possono arrivare velocemente ai social. Ma questo eccesso di informazione ha prodotto l’effetto contrario: la mancanza di credibilità, l’epidemia delle fake news hanno partorito l’assuefazione, il disinteresse.
Spiegare la contraddizione è difficile. Mi si ammucchiano gli esempi nella testa. Tutto è in contraddizione. Il mio lavoro, per esempio. Il mestiere di fotografo è stato disintegrato: i migliori tra noi sono costretti a vivere facendo workshop, le riviste non producono più. Eppure non c’è mai stato un interesse così alto per l’espressione fotografica come oggi. Le mostre sono piene, i blog di fotografia sono al centro dell’interesse collettivo. E così pure la cultura in generale. Poi accendi la televisione e tutto questo non lo trovi. E spegni.
Poi, la medicina ha certo fatto passi da gigante, ma conosco persone che non vanno dal dentista per paura che proponga interventi che non possono permettersi. Al lunedì siamo commossi dall’ennesimo naufragio, ma il giorno dopo invochiamo ordine e confini rigidi. Crediamo essere assediati dai crimini, ma se leggiamo le statistiche scopriamo che i dati reali dicono il contrario.
Abbiamo un papa che forse vorremmo avere a dirigere il partito della sinistra. Contraddizioni, solo contraddizioni. Le previsioni elettorali dicono che potrebbe vincere uno che credevamo fuori dai giochi, anzi uno che dovrebbe esserlo per legge. Ma la legge, si sa, non vale sempre, vale quando si vuole colpire gli indifesi. Loro la possono aggirare. L’Italia è una repubblica nata dalla Resistenza, tutti lo sappiamo, il fascismo è fuori legge, oltre che essere fuori dalla storia. E poi, ti trovi nelle liste elettorali dei partiti che sono addirittura nazisti. E l’unico attentato terrorista di questi anni, nel nostro paese, l’ha commesso un bianco esagitato, tra l’altro candidato in un partito che si propone di guidare il paese, che ha sparato nel mucchio, colpendo migranti, che avevano la colpa di essere migranti e la sfortuna di essere lì in quel momento.
Come è ordinata e vuota la Stazione Centrale di domenica mattina. Prendo posto sul treno e il tempo vola scrivendo i miei appunti di viaggio.
Ilaria è insegnante, ha votato e viaggia verso Napoli. Le chiedo quali sono i tre temi che maggiormente la coinvolgono. “Il primo è la legalità: a Napoli ho visto accettare 50 euro per un voto, da persone che la miseria morale e materiale aveva reso disponibili a vendere pure questo diritto. Del resto la legalità è una promessa mai mantenuta, una promessa con i suoi martiri sempre rimpianti e mai rispettati, da Mani Pulite in poi. Pensiamo solo che Berlusconi si trova candidato a guidare il paese, con buone probabilità di essere eletto a un ruolo di governo che non può espletare, visto che è condannato in via definitiva per reati incompatibili a quella funzione. Il secondo punto è la scuola: la formazione è importante per contribuire alla crescita di un paese moderno. Il terzo punto è il welfare, non si possono vedere assurdità come pensioni minime che non permettono la sopravvivenza insieme a super-rendite da favola.” Prima di andare via mi dice la sua previsione: vinceranno i Cinque Stelle.
Chiedo al suonatore del metrò quale sia la fermata giusta per Il Baobab. Lui lo sa e me lo dice. Appena dietro alla stazione Tiburtina.
Cammino un bel po’ per arrivare al Baobab Experience: del resto le tende dei migranti mica li tengono in via Condotti. Andrea Costa mi riceve e mi guida nel centro di accoglienza. 70 000 persone sono state ospitate nella tendopoli del Baobab.
“Questa mattina mi sono svegliato con il ricordo di mio nonno, che era partigiano e che quando andava a votare si metteva il vestito buono. Per gente come lui non sono proprio capace di non andare a votare, di non esercitare un diritto così fondamentale.
Ma quanta lontananza da questa classe politica: il Baobab è stato sgomberato 22 volte, con le giunte più diverse, da Marino alla Raggi. Ci sgomberavano e la sera noi tornavamo qui a dare accoglienza. Nessuno capisce il problema dei profughi. Ne sanno parlare solo in termini di repressione o di propaganda. Meno male che c’è la solidarietà delle persone del quartiere. Qui ci sono gli ultimi. La solidarietà l’abbiamo sentita quando il freddo pungente di questi giorni faceva tremare. Le vecchine che ci portavano le coperte e spesso la Chiesa, la Chiesa migliore, che ci fa sentire la sua vicinanza. Per esempio Padre Konrad (elemosiniere del Papa, n.d.r.) è arrivato con un furgone del Vaticano e ci ha portato quella struttura bianca che ora è la mensa del Baobab.
La solidarietà è anche qui, dentro le persone. Quando c’è stato il terremoto i profughi qui al centro hanno organizzato spontaneamente una cerimonia di preghiera per le popolazioni colpite. Copti, sciiti, cristiani tutti insieme, nel nome dell’umanità: gli ultimi si sono sentiti chiamati in causa per qualcuno che oggi stava peggio di loro. E noi come rispondiamo?
Vado al Teatro Parioli ad incontrare Ivano Marescotti, attore di cinema e di teatro molto noto al grande pubblico. Più di 50 pellicole in cui interpreta personaggi popolari e caratterizzati alla sua maniera. Nel film “Cado dalle nubi” ha interpretato un leghista padre della protagonista. La sua posizione politica attuale mi incuriosisce e ben rappresenta un percorso comune a buona parte del popolo della sinistra.
Queste elezioni sono completamente diverse dalle altre. Io sono sempre stato del Partito Comunista, anche se ero critico. Da quando non c’è più il cemento ideologico del partito sono sbandato di qua e di là. Mi ero addirittura candidato con Tsipras, ma liste così (e ce ne sono anche ora) non hanno valore, fatte per candidare qualcuno, e poi gli eletti non si salutano neanche. Questa volta avevo deciso di non votare, perché non c’era niente che mi rappresentava. Ma votare significa fare che gli altri votino per te, come per l’8 per mille: se tu non dai una preferenza il tuo 8 per mille viene comunque preso e distribuito tra tutti. Io ho deciso allora di votare contro questo governo e, non ideologicamente, voterò per i Cinque Stelle. Sono un partito che non mi rappresenta, ma è all’opposizione e l’ho trovato al mio fianco quando abbiamo fatto la battaglia per il no alla riforma istituzionale. Lo faccio anche dal punto di vista tattico, perché potrebbe rovesciare il tavolo di questa politica che da 30 anni è completamente degenerata. Peggio di questi governi penso sia impossibile. Questi non li conosciamo, non mi fido neanche tanto, ma conosciamo benissimo quelli che hanno governato finora. Non mi iscriverò ai Cinque Stelle, ma non mi serve più votare per tutti quei partitini per cui avevo già votato, dall’Arcobaleno a Rivoluzione Civile a Tsipras, non hanno risolto niente e sono serviti solo a mettere in pace le nostre coscienze. Io, da comunista, sono contro il governo e sarò anche contro il governo dei Cinque Stelle. Purtroppo la sinistra non c’è, non è rappresentata, e non c’è neanche nel sociale: rispetto a ciò che è successo negli ultimi tempi, negli anni Settanta saremmo scesi nelle piazze, adesso non si muove nulla. Le ultime battaglie politiche sono state 15 anni fa, quando c’era ancora un’opposizione e il PD non tradiva il sociale per spostarsi completamente a destra.
Lui va in scena con il suo ultimo lavoro teatrale, “I have a dream”. Lascia la valigia pronta in camerino per correre dopo lo spettacolo a votare a Bologna. Io invece mi ributto nella città con una pioggia che non lascia scampo.
Vedo un gruppo di giovani con la faccia da stadio, mi avvicino, gli faccio delle domande che non vengono accolte con grande entusiasmo. Andrete a votare, lo avete già fatto ? Mi guardano come fossi un marziano bagnato e mi espongono tutta la contrarietà che hanno nei confronti del sistema. No, a votare non ci vanno. Solo uno dice che lo farà e che vuole “votare italiano”. Gli chiedo di poterli fotografare anche se già immaginavo la risposta. Me la cavo senza danni perchè mi chiedono per quale squadra faccio il tifo e pare che la mia sia gemellata alla loro.
Hashrey è albanese. A dirla tutta pensavo fosse emiliano, perché con grande abilità produce pasta a mano e tagliatelle sulla strada per invogliare i passanti ad entrare in trattoria.
“Non posso votare, mi anticipa, ma una cosa la voglio dire. E’ tanti anni che sono qui e quando sono arrivato io gli albanesi erano un problema per voi. Oggi dalla mia terra non si parte più con i barconi. Voi italiani siete cambiati, io vedo molta cattiveria, mi fate paura e sono molto preoccupato.”
Carlotta ha 25 anni. “Votare è molto importante, un cittadino deve votare. Per me i partiti e le coalizioni che si presentano sono del tutto insufficienti; io li metto tutti sullo stesso piano. Infatti annullo la scheda, che non è come non andare a votare: perché quando troveranno tutte quelle schede annullate dovranno chiedersi il perché e spiegare come mai uno si sente di andare a votare e poi ti scrive una protesta sulla scheda. Ci sono tre argomenti più importanti degli altri. Legalità, come lotta alla mafia: Falcone e Borsellino sono stati traditi dallo stato. Un’economia che funzioni, perché l’Italia è un paese di cervelli in fuga. Eliminare il vecchio che c’è in questo paese. Renzi non mi piace, perché non ha fatto seguire i fatti e innovazioni di rilievo alle promesse.
Saverio viene dalla Calabria. In passato votava a sinistra, come suo padre che è ancora in Calabria, comunista da sempre. Ora vota Cinque Stelle, e pure suo padre. “Sai, questa storia che sono inaffidabili non è vera. Io li conosco: sono spesso qui a mangiare, data la vicinanza del mio locale con il Parlamento. Non sono professionisti della politica ed è per questo che la gente li vota. E’ inutile che continuino a dire che sono degli inesperti: è proprio questo che li fa piacere alla gente, vuol dire che non assomigliano a quegli altri. Spero che vincano. Le mie priorità sono il lavoro, meno tasse e la tutela degli italiani, che siano trattati in modo paritario, non si privilegino gli stranieri appunto. Non voglio dire che queste persone non hanno diritti, ma adesso si sta esagerando.” Poi vuole eliminare le spese parassitarie, come le auto blu, e Di Maio gli piace.
Ormai le urne si chiudono e la notte sarà lunga lunga per gli scrutatori che non sono certo aiutati da un sistema semplice. Mai come questa volta la legge elettorale appena varata si mostra lo specchio della classe politica che con tutta probabilità uscirà sconfitta da queste elezioni.
paolocamillosacchi
Bellissime sia le foto che il testo. Sei grande Paolo. Zia Carla
"Mi piace""Mi piace"
molto interessante. Grazie
"Mi piace""Mi piace"