24h Tel Aviv/Jerusalem

Sono appena atterrato a Tel Aviv, ho superato senza problemi la barriera doganale, non senza qualche apprensione per via del mio timbro iraniano che per me testimonia soltanto la meraviglia di quel paese e la squisita gentilezza delle sue genti, ma che da queste parti pare alimentare sospetti.

Nessun problema, quindi solo un piccolo interrogatorio; ora sono fuori e già mi sento immerso nel grande vortice. Qui c’è modernità ed eccellenza tecnologica, ma anche il Medio Oriente che ti aspetti, brulicante e disordinato con grande vociare, dove vieni subito strattonato per salire su un taxi piuttosto che su un pullman.

Scelgo il treno che mi sembra più asettico e tranquillizzante per raggiungere l’albergo sul lungomare. Sulla strada ho modo di vedere quanto tutto conviva con il suo contrario; a seconda del luogo dove ti trovi puoi incontrare bellezza e sofisticata eleganza oppure miseria mista a una sorta di ruvidità verso il visitatore.

DSCF9399xwsTel Aviv è nota per essere la città del divertimento e della trasgressione, del design e della cultura. Il quartiere di piccoli edifici bianchi, che non a caso si chiama Neve, ha i contenuti di Tribeca nel corpo di Boston o di Barcellona. Dicono che in questa città le tensioni e le divisioni si percepiscano meno che nel resto del paese.

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Scelgo di iniziare dalla vista al museo d’arte di Tel Aviv, anche perchè in Italia lavoro da molti anni con gli amici del museo, che mi hanno sempre raccontato di quanto sia imperdibile ed emozionante visitarlo. In effetti questo è un luogo straordinario. La bellezza dell’architettura e la precisione nell’esposizione ti cattura subito come l’unicità di ritrovare raccolte di enorme importanza donate da famiglie facoltose, che in questo modo omaggiano Israele e contribuiscono a elevarne la cultura. Nulla pDSCF9388xbnwsotrebbe essere migliorato: dalle luci che evidenziano i quadri senza rubarne la scena, al rapporto tra le grandi sale e il materiale esposto. Alle opere esposte in modo permanente si affiancano mostre ed eventi di grande importanza: oggi ho la fortuna di trovare una esposizione delle opere del maestro Hiroshi  Sugimoto,con bellissime grandi stampe ai sali d’argento di una qualità davvero sorprendente.

Gerusalemme dista un’ora di auto, van o treno da Tel Aviv.  Scelgo il pulmino perché oggi è un shabbat particolare all’interno della settimana dedicata ad Hanukkah; questi furgoncini si riempiono di una decina di persone e con 35 shekel (circa 8 euro) ti portano direttamente alla porta della città vecchia.

Gerusalemme rappresenta lo scorrere del tempo, le culture stratificate, le genti costrette e abituate a dividersi lo spazio e il tempo, tra luoghi di culto e diffidenze grandi come le sue pietre antiche e come queste pesanti e inamovibili. Le porte che conducono alla città vecchia sono presidiate da militari solitamente molto giovani e super armati. Da qui a croce si dipana un suk formato da quattro zone distinte: ebraica, cristiana, armena e musulmana. Centinaia di piccole botteghe offrono le cose più varie senza grandi divisioni merceologiche: il cibo, i gioielli, le magliette per i turisti, i mobili e i tappeti.

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La trattativa è sempre serrata e solitamente si conclude con l’acquisto, anche se a prezzi totalmente diversi dalla richiesta iniziale. Capisci subito che non è il caso di iniziare una negoziazione se non hai intenzione di concluderla, pena un’imprecazione finale che tu non capisci, ma che ha il suono della condanna. Qui si cammina per ore e ci si perde trovandosi in un punto dove giureresti di essere appena passato.

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Mi sono fermato a osservare il fiume di persone, a immaginare le loro vite. Famiglie intere cercano di non perdersi tenendosi per mano, bimbi con i boccoli che escono svolazzanti dal cerchio della kippah e genitori dall’aspetto tipico stile kibbutz si alternano a super ortodossi con complicati cappelli (gli shtreimel) in zibellino che, se piove, vengono avvolti nel cellophane perché non si bagnino. Ci sono turisti con ombrellino, che qui sembra quanto mai utile, per chiamare a raccolta la comitiva alzandolo più in alto possibile perché sia visibile; ogni tanto passano piccole pattuglie di militari con enormi e pesantissimi kalashnikov, mi sembrano giovanissimi.

Ora vengo incanalato in una lunga fila con metal detector finale: siamo al Muro del Pianto: il Muro Occidentale, il Muro del Lamento, nato dal dolore degli ebrei per la distruzione del Tempio.  Qui è vietatissimo fotografare. Esco da un’altra porta che sbuca nel settore arabo: qui vengo attratto dai rumori allegri di bambini di una scuola islamica.DSCF9501xwsMi colpisce immediatamente il contrasto tra la purezza di questi scolari e la drammaticità di uno dei simboli delle tensioni mondiali, a pochi metri l’uno dall’altro. Ancora più forte è lo stupore nell’ascoltare la gentilezza, che non è proprio usuale trovare in Israele, nelle parole di un insegnante che ci invita a visitare il vicino Ospizio Austriaco della Sacra Famiglia, dal cui tetto si puo godere di una vista unica sulla città vecchia.DSCF9504xws Vedo due ragazzi che si abbracciano con lo sfondo della città: sembrano un simbolo del bene sul male, dell’amore sull’odio. Noi fotografi spesso immaginiamo storie ancora prima di conoscerle. Così lei mi sembra trattenere lui che avrebbe dovuto partire militare. Poi si girano verso di me e mi chiedono di scattare loro una foto con lo smartphone. Scambiamo qualche parole e scopro che chi è militare in realtà è lei, e per tre anni per giunta, mentre lui studente di tecnologia se ne resta a casa. Mi piacciono, gli dico che non dobbiamo smettere di pensare a un mondo migliore; loro mi guardano con un sorriso languido, in cui leggo la comprensione per quello che sono stati i miti della mia generazione, ma anche lo scetticismo per qualsiasi miglioramento. Ci scriveremo, forse. Anche se, mi lasciano intendere, non capiremo mai fino in fondo la loro realtà.

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Ci salutiamo. Loro tornano ad abbracciarsi, io mi ributto fuori dal cancello sulla Via Dolorosa. Lungo il percorso sono indicate le 14 stazioni, o soste, fatte da Gesù carico della croce: le prime nove lungo la strada, le altre all’interno della chiesa del Santo Sepolcro, luogo sacro del Cristianesimo, dove Gesù fu crocefisso e sepolto. Qui si entra in una sorta di girone dantesco dove gruppi di fedeli si abbandonano a momenti di vero fanatismo, incanalati verso le cripte da una specie di servizio d’ordine di religiosi vestiti con un saio scuro e dai modi estremamente bruschi.

DSCF9571xws La gente canta inni sacri in latino e si accalca con candele accese in mano per essere ammessa ai luoghi del pellegrinaggio. Sta diventando scuro e la città vecchia si accende di innumerevoli lampadine dalle gradazioni diverse. Corroverso il pulmino che mi riporterà a Tel Aviv.

http://www.paolocamillosacchi.com  –  @ paolo@sacchi.biz

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