HOORA, tante isole a Tehran

L’abbiamo incontrata in casa sua a Tehran, dove ci ha offerto un tè e deliziosi biscotti.  Dall’incontro è nata questa intervista, in cui Hoora si è raccontata a ruota libera.

Ho trentaquattro anni e insegno inglese, anche se sono laureata in ingegneria, come desideravano i miei genitori. Ho capito però presto di avere una forte vocazione artistica e, grazie a mia sorella, ho cominciato a dipingere e a suonare il piano.

Mi sono sposata, ma non ha funzionato e sono andata in India, dove ho vissuto dipingendo. Tornata a Tehran ho capito che la pittura ha una dimensione troppo individuale e che la mia vera vocazione è all’interno di un lavoro di équipe, traendo ispirazione dal confronto con gli altri. Da un paio d’anni, perciò, ho iniziato a lavorare in un collettivo teatrale.

In questo momento la mia generazione sta vivendo una fase di depressione, soprattutto per la grave situazione economica che il Paese sta vivendo e che toglie ai giovani le prospettive per un futuro.

Ma forse proprio nelle donne ci sono gli anticorpi contro questa depressione. Le donne sanno che vogliono crescere e possono farlo perché sono flessibili.  Le donne sono come la primavera, pronte a sbocciare come i fiori. Sanno anche che è importante mantenere questa spinta parallela tra la crescita individuale e una crescita di gruppo.

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Sappiamo che anche in Europa l’atmosfera non è molto più allegra: in Italia, per esempio, molti ragazzi se ne vanno all’estero sfuggendo alla mancanza di lavoro e a una società che non riesce a cambiare. Ma in Iran ci sono maggiori limitazioni e non possiamo spostarci liberamente per vivere gli aspetti positivi di questa globalizzazione.  Per andare all’estero, per studiare, lavorare o anche solo per turismo, sono necessari notevoli mezzi economici e quindi solo pochissimi possono farlo.

Ma nonostante questa difficile situazione la gente riesce comunque a formare delle realtà sociali in cui esprimersi, delle isole in cui si creano dei circoli virtuosi, anche se poi la comunicazione tra questi microcosmi non è sempre facile.

Il lavoro è per me una di queste isole:  all’interno della compagnia affrontiamo tutte le scelte e le decisioni in modo unitario, solidale. L’ultimo progetto cui ho partecipato è stato un lavoro selezionato per il Festival teatrale dell’Università, tratto dal Giardino dei Ciliegi di Cechov. La cultura russa è in realtà molto vicina a quella persiana e quindi si presta molto alla metafora: parlare di quella situazione e di quel tempo fa pensare immediatamente a questa situazione e a questo tempo.

Un’altra isola può essere quella della famiglia, ma nel mio caso molti elementi hanno creato rotture. Per esempio, mio padre è legato a valori etici molto rigidi, non ha accettato la mia separazione. Mia madre, nonostante la sua grande religiosità, mi ha invece supportato, poiché sono riuscita a farle comprendere il mio percorso, anche se ho resistito alla richiesta di tornare a casa una volta rimasta da sola.

Inoltre, mia sorella è morta in America di una rara malattia a soli 25 anni, purtroppo. Questo ha contribuito a disgregare la famiglia. Ora cerchiamo di comunicare con le nostre lingue differenti, in uno sforzo continuo per tenere unito il filo della comunicazione. Forse adesso, lentamente, ci stiamo comprendendo un po’ di più, via via che andiamo avanti con l’età.

Comunque la situazione economica è ciò che spaventa di più la mia generazione: ti svegli una mattina e i prezzi sono raddoppiati, come puoi cavartela da solo? Pensi: cosa studio per fare, per cosa lavoro?

Bisogna però fare un’ultima riflessione per capire come vanno realmente le cose. Oggi stanno aumentando la solidarietà e l’aiuto reciproco tra le persone. Molte sono le associazioni di volontariato che si danno da fare per migliorare le condizioni  di chi è più bisognoso. E questo è un vero antidoto per le nostre paure e le nostre preoccupazioni.

DSCF0429x wsE’ stato un vero piacere conversare con Hoora, intelligente, empatica. Nel raccontare fa emergere una decisa nota di tristezza, ma priva di disperazione. Salutiamo questa ragazza vitale, creativa, la sentiamo vicina, con problematiche che comprendiamo bene, come fosse un’amica dei nostri figli.

Prima di lasciarla, ripromettendoci di sentirci presto, un ultimo ritratto con alcune delle sue opere, nella foto di apertura.

Paolo Camillo Sacchi e Rossella Kohler

Qui un altro post del blog su un viaggio in Iran.

Qui invece un post, sempre sull’Iran, sul blog Fantastic Nonna.

5 risposte a "HOORA, tante isole a Tehran"

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  1. Confortante il concetto dei “circoli virtuosi”, le piccole isole dove il bene comunitario è ancora possibile, anche solo come faro all’orizzonte. Sono della generazione di questa donna e tante cose le capisco perfettamente, bello leggere storie come la sua!

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  2. Grazie cara! Sì, non è possibile scrivere tutte le sue riflessioni (ovviamente mi faccio molti scrupoli), ma una sostanziale differenza tra lei e ragazze come voi è che loro non sono libere di muoversi, conoscere, scegliere. Quanto spreco…

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