I FONDAMENTALI

Quando nasce una stella sul campo di calcio senti il telecronista lodare la sua tecnica, i suoi “fondamentali“. Tutti capiscono cosa questo significhi. Per quei pochi che non lo sanno, questo vuole dire avere la padronanza delle basi fondanti di quell’arte pedatoria, come direbbe il maestro di giornalismo sportivo Gianni Brera.  Avere la conoscenza e la assoluta dimestichezza delle basi di qualche cosa di tecnico è, dunque, assodato che sia condizione necessaria per svolgere un’opera.

Ma non è sufficiente. Per quanto riguarda la fotografia è particolarmente evidente la pari importanza che dobbiamo riconoscere alle conoscenze tecniche e, in uguale misura, alle doti di sensibilità, creatività, sintesi, immaginazione, intuito, e una discreta dose… di faccia tosta.

Oggi vorrei analizzare tutto questo alla luce delle mutazioni genetiche che tutti noi abbiamo subito nell’era del digitale.

Cominciamo dalle certezze.

La posizione. La migliore posizione di ripresa è quella che ti garantisce la massima stabilità e l’assenza di vibrazioni. La cosa più giusta in questi casi è tenere le braccia strette allo sterno, con la giusta respirazione al momento dello scatto. Il mirino oculare della fotocamera ben aderente al nostro occhio aumenta ulteriormente la stabilità. Meglio se conserviamo una visione periferica della realtà con l’occhio esterno all’oculare. Per questo scegliamo spesso il mirino decentrato.

In questi anni stiamo disimparando ad applicare questi accorgimenti e la colpa è del digitale che spesso porta a preferire la visione a monitor sul modello, sbagliatissimo, imposto dagli smartphone.

Rapporto tempo/diaframma. Anche qui gli eccessi di uso degli automatismi stanno producendo dei danni. I software sono sempre più sofisticati e decidono l’impostazione dello scatto. Ma quali sono i fattori che determinano la scelta che il software opera e che influenzerà la ripresa? Il tempo di posa, il più veloce possibile, il diaframma,  il più sicuro possibile, per garantire un poco di profondità di campo e, ultimo ma molto importante, la sensibilità Iso. Quest’ultima variante nella fotografia classica non era prevista, se ci pensate è frutto dell’innovazione tecnologica. Un tempo non potevi scegliere gli iso scatto per scatto. Questo mix che porta alla scelta operata dal software, a mio parere, è sbagliata e porta inevitabilmente ad accontentarsi e non imprimere personalità alla fotografia. Quindi, disinserire sempre gli automatismi e non acquistare apparecchi che non diano la possibilità di operare manualmente.

Aspetto dell’immagine. Anche qui i software sono particolarmente invasivi. Il nostro gusto è pesantemente influenzato dall’uso marcato dell’editing alla portata ormai di ogni smartphone. I nostri telefoni possono realizzare automaticamente il cosidetto HDR. che poi sarebbe il mixare su una stessa immagine, in modo differenziato,  le parti più luminose e quelle più buie della nostra inquadratura. Questo ha riempito i social di tramonti e spiagge perfettamente esposte, ma brutalmente artefatte. In un primo tempo il pubblico è stato sedotto da questa magia, ma ben presto il consenso e l’emulazione hanno lasciato il posto ad una lettura critica di questi effetti speciali, che oggi identificano negativamente questa pratica. Ricordiamo che l’HDR, nella sua accezione più nobile, è sempre esistito. In camera oscura era pratica comune di ogni buon stampatore, proteggere, mascherando con le mani le parti più leggere del negativo proiettate dall’ingranditore, e regalare alle zone più dense qualche secondo di più, perche i toni più chiari avessero modo di disegnarsi sulla carta sensibile. Non è quindi un discorso etico. Ma la scorciatoia digitale è sfuggita di mano.

Lo spunto per scrivere questo articolo mi stato dato dalla novità annunciata da Fuji sulla sua ultima evolutissima mirrorless. Pensate che i progettisti di questa fotocamera hanno accolto, in pratica, molte delle obiezioni di cui abbiamo parlato in questo articolo. Addirittura hanno reso più difficile il continuo confronto con il monitor, di cui la fotocamera  è dotata, ma che va attivato con una procedura che ne scoraggia l’abuso compulsivo, a tutto vantaggio della concentrazione dell’operatore. Avremo tempo, tornati in studio, di lavorare con pazienza all’editing delle nostre immagini. Inutile dirvi che sono molto d’accordo con questa scelta che mi sembra andare nella direzione giusta.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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