LEGGERE L’IMMAGINE

Ho ritrovato in un cassetto queste due fotografie in sequenza. Non le ho realizzate io. Io, però sono quel bambino e chi mi eleva è mia sorella Adriana. La sequenza è di mio padre Edoardo Sacchi, siamo nel 1957, lui usava in quel periodo, una stupenda Voigtländer Vito.

Mio padre ha davvero uno sguardo fotografico, lo ha sempre avuto, e ancora oggi, a novantasette anni, se la cava assai bene, anche se perferisce dipingere. Questa piccola sequenza è magistrale. Non soltanto per la prontezza del fotografo nell’estendere il racconto con il secondo scatto, ma per la perfetta composizione e scelta dell’istante.

Nella prima immagine si trasmettono tanti elementi. Analizziamoli.

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Per prima cosa lo sforzo del bambino teso al successo dell’operazione. Secondo, la complicità attiva della sorella, che pur sarebbe arrivata senza sforzo a imbucare la lettera, ma che presta in modo comprensivo e partecipe la sua collaborazione, per donare un momento di crescita al fratellino.

Il taglio dell’immagine contestualizza l’evento, lo situa in un momento storico, il secondo dopoguerra, e in un luogo geografico, sicuramente Italia. Le automobili e le motociclette, oltre a bilanciare l’immagine facendo da contrappeso, agiscono in questo senso e ci aiutano a immaginare un ambiente urbano e borghese.

La seconda immagine è il vero colpo di genio. E’ per me un inno alla fotografia e alla sua potenza. La scena ci mostra un rappresentante della legge che compare, probabilmente uscendo da quel portone, rivolgendo il suo sguardo verso i bambini. Il gesto della sua mano acuisce il suo fare indagatorio e insieme interrogativo.

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Sembra dire “Che ci fate voi lì? ” oppure “Come osa un bambino, che nemmeno arriva alla buca delle lettere, fingersi in grado di esercitare un ruolo che sicuramente non gli compete”. Lo sguardo del bambino poi contiene il lampo della trasgressione e del divertimento, insieme a una piccola ma significativa dose di timore. Il timore di chi ha osato e forse non avrebbe dovuto, l’insicurezza di chi ha bussato al mondo dei grandi senza avere tutte le autorizzazioni del caso. Il divertimento di aver assaggiato per la prima volta una scarica di adrenalina.

La postura e lo sguardo del milite contengono altre suggestioni, a ben guardare. Innanzitutto un certo fare rassicurante, paterno e comprensivo, pur senza esimersi da una “giusta e doverosa lavata di capo”, in perfetto Italian style. Si nota anche una certa vena autoironica che ha che fare con la comprensione dei propri limiti sia atletici (“non potrei mai farcela a raggiungervi con sta panza…”), che comportamentali (“però vi capisco, anche se non sembra: sono stato bambino anch’io!).

Ora voi direte: ma perchè dilungarsi tanto ad analizzare una foto? Che cosa cambia se queste cose le analizzi o ne ricavi una impressione istintitiva e superficiale? Questo è il punto: bisogna fare un esercizio continuo per mantenere vivo e attivo il nostro spirito critico. Non basta essere, esistere, respirare. Dobbiamo vivere, incidere, criticare noi e gli altri. Sempre!

In questo esercizio la fotografia è un grande alleato. “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà” nasce come motto anarchico nell’Ottocento, si ritiene che a pronunciarla per primo sia stato Michail Bakunin. In Italia è nota soprattutto come motto del movimento del ’77. Ora dedico questa riflessione ai movimenti spontanei che in questi giorni stanno nascendo.

Siamo “sardine” con la macchina fotografica direttamente connessa al cervello.

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