FOOD&LOVE

Nerone

(Nereo Graziano Alessandro Braschi)

La cucina di mia madre Leucadia era collegata all’orto, all’allevamento degli animali e alla credenza, che era il regno delle conserve: sott’olio, sott’aceto, salumi, le uova tenute in acqua e calce nel periodo invernale…

Mia madre eccelleva negli umidi di verdure, nella preparazione dei cardi e dei carciofi, dei finocchi in mille modi. La sua cucina era legata al ciclo delle stagioni, e non poteva essere altrimenti, dato che non avevamo frigoriferi e congelatori; attingevamo direttamente l’acqua dal pozzo con un secchio di zinco.

Il rito del mattino era questo: alle sei mia mamma accendeva la stufa a legna, tostava prima l’orzo e poi i ceci, poi preparava il caffè d’orzo con la cuccuma.

Nei giorni feriali, a pranzo mangiavamo le tagliatelle; alla sera, anche in estate, il brodo di verdure e, a volte, di carne. Invece del pane mangiavamo la piadina fresca, fatta ogni giorno.  Al venerdì pesce, secondo la tradizione: ricordo il baccalà cotto in tanti modi. La pasta al forno, con spinaci, ragù, besciamella, parmigiano reggiano, apriva il pranzo della domenica; poi pollo o coniglio arrosto con patate al forno. Nelle feste solenni del calendario liturgico preparavamo i grandi primi piatti: i cappelletti, i ravioli, i passatelli.

Mia madre non amava i dolci: solo a Carnevale cuoceva, controvoglia, frittelle e biscotti.

Evviva Leucadia e tutte le “azdore”, le madri delle grandi famiglie di una volta!

Claudia Pardo

claudia pardo ws

Sono nata a Palermo. E questo può esprimere già molto del mio legame sul cibo. Uno dei miei più luminosi ricordi d’infanzia è legato alle mattine a Mondello.

Ogni estate io e Ale, mio fratello, tornavamo in Sicilia a passare le vacanze. Questo significava mare, estate, giochi, nonni, ma soprattutto Dora.

Dora era la governante di mio nonno. Ogni mattina, alle 7, arrivava a casa, carica di sacchi pieni di meravigliosa frutta e verdura, pesce, olive, e qualsiasi forma possibile di dolce siciliano, comprati la mattina stessa al mercato di Ballarò.

Alle 8 iniziava a preparare il pranzo. Ogni mattina aveva un profumo diverso, pasta con i pesciolini, sarde, melanzane fritte, gamberi, e tutto ciò che il cervello umano possa immaginare. Da lei ho imparato ad amare la salsa di pomodoro a colazione. Ricordo in maniera vivida quel profumo, la discesa in fretta e furia dalle scalette cigolanti della mansarda, dove dormivamo io e Ale, e Dora in cucina, complice, con una tazzina da caffè colma di salsa di pomodoro ad aspettarmi, a cui aggiungeva una foglia di basilico in cima.

Da allora questo è il mio vizio, che non ho mai potuto, o voluto, togliermi.

In generale il cibo mi entusiasma. Ha un potere magico Un incontro d’amore, una lite da risolvere, una difficoltà, un festeggiamento: davanti a un buon piatto tutto è più appropriato, più dolce, più levigato. Non esiste emozione che non stia benissimo con un piatto di pasta, o un gelato fresco. E’ una passione che non smetterà mai di rendermi felice.

 

Francesca Settimi

Francesca Settimi ws

Il mio lavoro è insegnare a cucinare. E’ un lavoro entusiasmante perché crea connessioni tra le persone, con la natura e, in fondo, anche con se stessi.

La mia cucina è il luogo in cui tramando le basi della tradizione italiana attraverso le ricette di famiglia. Per le mie proposte attingo a un enorme patrimonio di generazioni di ottime cuoche che facevano felici le loro famiglie nel quotidiano e, ancora di più, nelle grandi occasioni di incontro.

Io sono il tramite tra questa ricchezza culturale e i miei allievi. Per incanto, durante la lezione si creano ricordi, nascono associazioni mentali, tornano spaccati di vita passata.  E questo recupero dalla memoria porta a volte momenti di incredibile emozione.

I miei ospiti arrivano da varie parti del mondo. Cucinare insieme unisce le culture: quando realizziamo un buon piatto spesso emergono più le similitudini che le differenze. E’ bello scoprire che sull’argomento del cibo elementi comuni uniscano tutta la famiglia umana.

Mi piace pensare che alla fine i miei ospiti si portino via qualcosa di me, dell’Italia e dell’esperienza vissuta insieme.

Così, l’atto di condividere un pasto preparato insieme si trasforma in gioia e bellezza.

Jovica Jovic

Jovica Jovic ws

La musica e l’arte uniscono il mondo come il cibo.

Non può nascere un legame forte tra le persone se non si mangia e si beve insieme. Credo che questo accomuni tutte le genti del mondo, fa parte di ogni cultura.

Ma per il popolo Rom il rapporto con il cibo è forse ancora più intenso. Insieme alla musica, i piatti della nostra tradizione scandiscono i momenti importanti della vita, dalla nascita alla morte. Nei matrimoni, sono la musica, i canti, i balli e quei profumi a rendere unico quell’evento.

Quando una persona della nostra comunità muore, per giorni, a volte per settimane, la tavola deve restare imbandita, per offrire a tutti quelli che vengono in visita la generosa ospitalità che fa parte da sempre della nostra cultura.

Ricordo mia madre sul letto di morte, con tutta la famiglia intorno.  La sua principale preoccupazione era che la mensa della sua veglia funebre fosse adeguata. Dopo avere elencato tutti i cibi che si dovevano offrire agli intervenuti, ha chiesto di vedere il vitello più grande per essere sicura che tutti avessero capito bene quale animale andava sacrificato. Quando il vitello è stato condotto al suo capezzale si è finalmente tranquillizzata. Solo allora ha potuto salutarci e andarsene in pace.

Luisa Valieri

Luisa Valieri ws

Ho iniziato a cucinare perché sono golosa di dolci.

Ricordo perfettamente: avevo 14 anni ed era agosto. Con la famiglia ero a Milano perché noi facevamo le vacanze in luglio. Ma un tempo, diversamente da ora, ad agosto Milano era un deserto e tutti i negozi erano chiusi.

Erano perciò chiuse anche le pasticcerie e per una golosa come me era un bel problema. Quindi ho aperto un libro di ricette e ho fatto la mia prima torta, sperimentando da sola, perché mia madre non amava cucinare.

Quella crostata di frutta è stato il primo piatto che ho cucinato. Da allora, con mia sorella, abbiamo cominciato a cucinare anche altre ricette. Mia madre, felice, ci ha affidato completamente il compito di alimentare la famiglia. Dai sedici anni in poi le cene le ho sempre preparate io.

Il cibo è diventato poi parte essenziale del mio lavoro di fotografa. Infatti ho iniziato la mia carriera con lo still life, allora non c’era una specializzazione così netta come oggi. Ma la mia passione per il cibo è stata importante sul set, quando ho cominciato a fare riprese pubblicitarie. Uno dei miei primi clienti mi chiedeva di fotografare dolci: panettoni per Natale, ma gli scatti li facevamo a primavera, e uova di cioccolato per Pasqua, fotografando in inverno.

Poi sono passata a fotografare gelati di ogni tipo per una ditta che li esporta in tutto il mondo.

In tutti questi anni, da allora a oggi, racconto il cibo con le mie fotografie.

Sasha Carnevali

Sasha Carnevali ws

Il mio blog si chiama Cakemania perché ho sempre voglia di dolci.

Il crème caramel è il primo dolce che ho fatto per mio marito: eravamo ancora fidanzati quando lui mi ha veicolato il messaggio che era il suo preferito.

Usando la ricetta di sua zia e uno stampo di alluminio che proprio lui (che non sa nemmeno far bollire l’acqua!) aveva nella sua casa, da cuoca inesperta gli preparai il più classico dei budini temendo che non sarei riuscita a sformarlo.

Mi pare di ricordare che in effetti quel primo crème caramel un po’ si ruppe, ma ora posso dire che lo faccio in modalità pilota automatico… in 27 anni insieme devo averne preparati qualche centinaio.

Quel vecchio stampo rimane il nostro preferito, più per affetto che per la sua (comunque innegabile) efficienza: il nostro crème caramel esce sempre da lì.

Me ne sono tanto innamorata che ho raccolto una collezione di circa 50 stampi di alluminio, rame, vetro e ceramica: è la prima cosa che notano tutti entrando nella mia cucina, spesso perché l’hanno già vista fotografata sul mio blog. La cosa buffa è che la parete su cui sono esposti diventa spesso lo sfondo di un selfie dei miei ospiti!

Rina Poletti

Rina Poletti ws

Sin da piccola obbligavo mia madre, spesso stanca perché madre di sei figli di cui io ero l’ultima, a preparare le tagliatelle solo per me.

Non volevo tortellini o altre ricche paste ripiene, ma solo le tagliatelle. I fratelli mi criticavano e anche la mamma brontolava, povera donna, ma alla fine cedeva. Probabilmente capiva che era un mio modo per ottenere qualcosa di esclusivo da lei. Mi diceva “ti voglio legare alla sedia con queste tagliatelle”, perché mi muovevo continuamente. E poteva anche farlo, perché le sue tagliatelle arrivavano a un metro di lunghezza: sapeva fare una sfoglia grandissima!

La tagliatella era il piatto più comune: eravamo poveri, ma uova e farina c’erano sempre. Era però anche il piatto ideale da offrire agli ospiti. Mia madre, donna del secolo scorso un po’ superstiziosa, pensava che offrendo le tagliatelle a un ospite, questi sarebbe diventato una persona di casa, con il quale costruire un buon rapporto. Offrendo invece una pasta ripiena “non sarebbe nata una amicizia duratura”, diceva.

E’ da questi ricordi che anche in me è nata la convinzione che la tagliatella sia il piatto dell’amicizia. Un cordone ombelicale dal quale non mi sarei mai voluta strappare, legato alle parole famiglia, affetto, cura, sacrificio, sicurezza.

Perché cucinare è un’arte, ma soprattutto è amore!

 

 

Questo servizio è stato realizzato per il magazine Iraniano Nadastan su sollecitazione di Mohammad Tolouei. Mohammad è uno scrittore iraniano che Rossella ed io abbiamo intervistato in uno dei nostri viaggi in Iran. Siamo rimasti amici e un giorno mi ha chiesto di fare un servizio sulla cultura alimentare degli italiani. La cultura del cibo unisce i popoli, questo si sa, e io sono stato molto felice di aderire a questo bel progetto. Ho quindi individuato sette persone che hanno un rapporto speciale e intenso con l’arte culinaria e ho chiesto loro di scrivere qualche riga molto personale sull’argomento per completare il ritratto che avrei fatto loro. ciò che è qui pubblicato contiene i testi in italiano, ma chi volesse può guardarlo nella sua bella versione in farsi sul sito.

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